Paura di parlare in pubblico? No grazie!

Secondo diverse ricerche che stilano una classifica delle paure più diffuse al mondo, quella di parlare in pubblico è spesso fra le prime posizioni.

E quando ci si riferisce al “parlare in pubblico”, non si intende un contesto specifico: può essere un palcoscenico davanti a una platea di 1000 persone, così come una sala riunioni con un team composto da pochi individui, fino ad arrivare alla presentazione di un prodotto a una coppia o alla barzelletta raccontata durante una cena fra amici.

Del resto, pochi sanno che per “public speaking” si intende l’attività di parlare a due o più persone.

Ma come si spiega questa paura, che anzi spesso si trasforma in vero e proprio terrore, e che arriva persino a paralizzare le persone, a farle sudare, a spezzargli la voce in gola?

 

Perché la paura di parlare di pubblico?

Molti, quando interrogati sulla questione, rispondono che, a loro avviso, deriva dalla paura di essere giudicati dalla platea.

Ebbene, è falso.

Come ormai ampiamente dimostrato, l’essere umano non è razionale, bensì razionalizzante: significa che non decidiamo quasi mai sulla base della razionalità, ma con un mix di emotività e istinto e, solo in un secondo momento, giustifichiamo le nostre scelte con la ragione.

Anche questo caso non fa eccezione e te lo dimostro: supponiamo che io ti dica che tra 5 minuti tu debba parlare in pubblico davanti a 500 persone. Prima pensi “Verrò giudicato” e poi ti agiti, oppure prima ti agiti e poi pensi che sei agitato perché hai paura del giudizio?

Se ci rifletti bene, scoprirai che è la seconda opzione, il che dimostra che tale paura non ha niente di razionale, perché arriva prima del tuo ragionamento.

Dunque come si spiega?

Si spiega chiamando in causa la comunicazione non verbale (CNV) e l’Amigdala.

Iniziamo dalla prima.

In CNV il contatto oculare fisso (ossia tenere lo sguardo puntato negli occhi di qualcun altro) avviene solo in 3 casi: in caso di minaccia/lotta (pensiamo all’italianissima espressione “Che c***o hai da guardare?!”), in caso di seduzione o momenti di intimità, o infine nel caso in cui la persona sia catatonica.

Inoltre, sempre nella CNV, la posizione frontale con un interlocutore favorisce lo scontro (infatti, le guerre antiche, piuttosto che le banali risse da strada, iniziano sempre con i due contendenti schierati uno davanti all’altro).

Questa tipologia di segnali viene interpretata dall’Amigdala, un agglomerato di nuclei nervosi posto all’interno del cervello (in realtà sono due, uno per ogni emisfero cerebrale), che si occupa, semplificando molto, di gestire buona parte delle nostre emozioni primarie (è infatti situata all’interno del Sistema Limbico e prende il suo nome dal greco antico amygdalòs, che significa “mandorla”, per la sua forma ovoidale).

Tra le altre cose, l’Amigdala gestisce la paura e, soprattutto, le reazioni di fronte a un pericolo o a un potenziale pericolo.

Ebbene, immagina la scena: tu sei lì, da solo (dunque sei 1). Loro sono davanti a te (posizione frontale), sono in tanti (molti più di te) e hanno tutti lo sguardo fisso su di te.

L’Amigdala (che, lo ricordo, essendo parte del sistema emotivo, non ha nulla di razionale) non capisce che stai tenendo uno speech sulla fisica quantistica a una platea di scienziati interessati all’argomento, ma pensa o che sta per avvenire una mega gang bang, oppure, più verosimilmente, che sei spacciato: loro sono tanti, tutti disposti davanti a te e con lo sguardo fisso su di te. Significa una minaccia incombente e dalle proporzioni devastanti, perché sono tanti contro uno. In altre parole, stai per morire.

Quando stimolata con un’intensa emozione, come quella appena descritta, l’Amigdala innesca fenomeni come la tachicardia, il rilascio degli ormoni dello stress, l’aumento della pressione, l’intensa sudorazione, l’aumento del ritmo respiratorio, la sensazione d’ansia e altri fenomeni ben poco piacevoli, che sono esattamente quelli che attanagliano chi deve parlare davanti a una platea.

Infine, poiché l’essere umano ha sempre la necessità (perlomeno in Occidente) di fornire una spiegazione razionale ai fenomeni che accadono, giustifichiamo la cosa pensando che sia colpa della paura che abbiamo di essere giudicati. Ma, appunto, non è così.

 

Come gestire e superare la paura di parlare in pubblico

Esistono molte tecniche specifiche per superare agilmente la cosa, alcune delle quali insegno ai miei corsi di Public Speaking (dalle Ancore della Programmazione Neuro Linguistica, alle tecniche di visualizzazione, alla gestione del dialogo interno, ecc.).

Ma ci sono 3 suggerimenti in particolare che voglio darti.

Il primo si chiama consapevolezza.

Nel momento in cui sei consapevole dei meccanismi appena descritti, sei già a un buon punto di partenza per arginare la cosa. La consapevolezza, unita alla preparazione sul tema che affronterai (cosa che ti fornisce sicuramente sicurezza e, magari, un po’ di autostima), ti permettono di allontanare il pensiero del giudizio altrui e affrontare la cosa con più serenità.

Il secondo suggerimento è molto semplice: parla in pubblico più volte possibile.

Il mio maestro di PNL mi diceva sempre: “Se hai paura di fare una cosa, falla!”. Certo, deve essere qualcosa che ti interessa fare (ad esempio, se hai paura di guidare un aereo, ma non ti interessa imparare a guidare un aereo, non devi farlo). Più fai una cosa, più passi dalla “zona di disagio” (che è quella immediatamente fuori alla famosa “zona di comfort”) alla “zona dell’apprendimento” (quella fase del percorso in cui le cose nuove non sono più nuove, dunque non ti causano più alcun disagio, e le inizi a comprendere e apprendere). In altri termini, più lo fai, più capisci che è più facile del previsto, diventi bravo e finisce pure che ti diverti un mondo.

L’ultimo suggerimento è in realtà una tecnica potentissima: respira.

Sì lo so, tutti respiriamo, altrimenti non saremmo vivi. Ma intendo “respira nel modo giusto”, ossia diaframmaticamente.

La maggior parte della gente sbaglia respirazione: si ha una respirazione toracica (dovuta allo stress quotidiano), in cui quando si inspira si contrae la pancia e si alzano le spalle e quando si espira si gonfia la pancia.

Ebbene, la respirazione naturale ed efficace dell’essere umano consiste esattamente nel contrario: inspiri e gonfi la pancia (spingendola verso l’esterno), espiri e sgonfi (contraendola), mantenendo ferme le spalle.

Questo tipo di respirazione ti permette di incamerare una maggior quantità d’aria, ergo di far arrivare più ossigeno al cervello, ergo di far funzionare meglio tutto il tuo sistema mentale, emotivo e corporeo.

Bastano almeno 2 minuti di respirazione diaframmatica prima di “entrare in scena” e inizierai il tuo speech con lucidità, serenità e una grande quantità di energia.

Se poi impari a respirare così ogni istante della tua giornata, vedrai che meraviglia!

 

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