Agenzie di comunicazione? Ma anche no! (seconda parte)

La mia brutta esperienza con la prima agenzia di comunicazione, durata 16 mesi (qui puoi leggere la prima parte dell’articolo), mi aveva fatto capire che, probabilmente, avevo bisogno di un’agenzia più piccola, composta da poche, appassionate persone, che mi seguissero in modo più diretto, preciso e puntuale.

A tal proposito, mi ricordai che anni prima, durante una vacanza in montagna, avevo conosciuto un ragazzo che mi aveva detto di avere una piccola agenzia di comunicazione nel centro Italia.

Mi era sembrata una persona professionale ed empatica, dunque pensai di rivolgermi a lui.

Ci sentimmo un po’ di volte e gli spiegai quali erano state le cose che non avevano funzionato con la prima agenzia.

Raccontai della poca elasticità e soprattutto raccontai dei post scritti male, sgrammaticati e pieni di refusi.

Lui disse che erano cose assurde e giurò e spergiurò che si trattava di cose che, nella sua piccola agenzia, composta da una manciata di persone, questo non sarebbe assolutamente accaduto.

Mi parlò in particolare della sua copywriter, una persona che lavorava con lui da molti anni e che era un po’ il suo braccio destro, dipingendomela come una persona molto attenta, precisa e di grande esperienza.

Mi fece un preventivo e, alla fine, ci accordammo per un contratto di un anno a una cifra che non si discostava molto da quella che pagavo con la grande agenzia di Milano.

Mi dissi, però, che a fronte di un servizio personalizzato, su misura e più attento, il gioco valeva la candela.

La nostra collaborazione durò solo 4 mesi.

 

La seconda agenzia

Avrei dovuto capire subito che la nuova agenzia non faceva neanche lontanamente per me: poche persone, abituate a gestire piccoli clienti ed eventi locali e poco altro.

Gente che non aveva la minima idea di cosa fosse il mondo della formazione comportamentale, di come funzionasse davvero la comunicazione (che, per un’agenzia di comunicazione, è piuttosto ironico) e di come muoversi all’interno dei contesti professionali in cui io opero solitamente (banche, assicurazioni, grandi aziende).

Scrissi parecchie mail, in modo molto preciso, per spiegare di cosa avevo bisogno, come funzionava il mio settore e per inviare moltissimo materiale.

Ricordo che, già subito, qualcosa non funzionava: dovendo trasferire file di grosse dimensioni, chiesi di fornirmi un indirizzo ftp o cloud dove inserire tali file.

Ebbene, loro non lo avevano e la cosa mi lasciò molto perplesso.

Iniziò così un “bailame”, in cui loro cercavano di trovare un servizio di cloud che fosse adatto alla cosa e, dopo aver provato 3 soluzioni diverse (che non funzionavano), finalmente, dopo vari tentativi a vuoto e giorni persi, ce la facemmo.

Un pessimo inizio, insomma.

In tutto ciò, il loro team era composto dal titolare (che, scoprii dopo, spesso non monitorava ciò che le sue risorse facevano e dunque non aveva idea degli errori che venivano commessi), da una persona che si occupava di SEO, una di grafica, un’altra che faceva grafica e si occupava principalmente di gestire i social, una che, a parte fare le foto, non ho ancora capito bene cosa facesse e, infine, la famosa copy che avrebbe dovuto scrivere i post.

Nei 4 mesi, in ordine sparso (e tralasciando molte cose), accadde questo:

  • A un certo punto, i miei follower su Instagram iniziarono misteriosamente ad aumentare, fino ad arrivare a una donna russa che mi contattò privatamente cercando di adescarmi. Chiesi spiegazioni all’agenzia, e mi fu candidamente risposto che avevano iniziato a seguire col mio profilo professionale “un po’ di persone” su Instagram, per fare in modo che venisse ricambiato il follow.
  • I post della copy, oltre a presentare argomenti molto banali e superficiali, erano infarciti di errori grammaticali, refusi e, soprattutto, i concetti fra loro erano totalmente sconnessi. Questo mi portò via molto tempo, perché, di fatto, dovevo ogni volta riscrivermi tutto da capo. Per ovviare a questo problema, in alcune occasioni feci anche affiancamento a questa persona, affinché imparasse come andavano scritte le cose, ma… non ci fu verso.
  • A un certo punto, mi trovavo a dover tenere per una importante banca situata a un centinaio di km dall’agenzia, un corso di Persuasione al pomeriggio e una serata clienti di Finanza Comportamentale alla sera. Spiegai all’agenzia che forse era il caso che qualcuno di loro, in particolare la copy, venissero ad assistere, in modo da poter capire anche meglio il mio contesto di riferimento, i miei argomenti, il mio lavoro. Vennero (lamentandosi anche del fatto che venire “fino a lì” era una spesa, mentre io continuavo a perdere ore di lavoro a riscrivere i testi e a sistemare tutti i loro errori) e assistettero ai miei interventi. La copy avrebbe poi dovuto scrivere un post che parlava della serata clienti (Finanza Comportamentale). Fece un post in cui diceva che nella serata clienti avevo parlato di Persuasione. Quando glielo feci notare, cadde dal pero: nonostante fosse stata presente all’evento, evidentemente non aveva ascoltato o compreso nel modo giusto.
  • Chiesi di farmi uno shooting fotografico, approfittando del fatto che mi trovavo nella loro zona. A parte l’avermi chiesto una cifra da super studio professionale, quando mi recai da loro scoprii che l’ufficio dell’agenzia non era altro che la taverna della casa del titolare e che lo shooting fotografico si sarebbe svolto nel cortile di casa sua, con solo due piccole luci e, come sfondo, il muro del cortile. Le foto che poi mi vennero inviate non erano state minimamente lavorate e postprodotte e, nello sfondo, c’era sempre il meraviglioso muro del cortile.
  • Facemmo qualche campagna social (pagata a parte) per coinvolgere le persone a partecipare ad alcuni miei corsi. Risultati: zero.
  • Organizzammo un evento insieme, un corso di un giorno nella loro zona, dove avrebbero coinvolto anche alcuni loro clienti “importanti”. Chiesi loro di trovare qualche sponsor, in modo anche da ammortizzare i costi della sala. Non furono in grado di trovare nessuno sponsor. Coinvolsero effettivamente qualche loro cliente (parliamo di 7/8 persone) e, nei mesi seguenti, mi dissero che questi clienti avevano chiesto un mio preventivo. Inviai all’agenzia i vari preventivi e, da lì, il nulla cosmico.

Ora, queste sono solo le cose più eclatanti che successero, ma, di fatto, con loro ogni giorno si navigava a vista.

Non avevano la minima idea dei miei contenuti (cosa normale all’inizio, ma non dopo quattro mesi), non sapevano scrivere, non avevano idee e, soprattutto, io non vedevo alcun margine di miglioramento.

Capii che stavo solo perdendo tempo e denaro e anche il titolare capì che le cose non andavano, perché ormai mi lamentavo ogni giorno. Così, mi disse saggiamente che era meglio interrompere la collaborazione, cosa che io accettai immediatamente, perché era la mia stessa idea.

Avevo sbagliato di nuovo, perché ero passato da un estremo all’altro: questa volta, mi ero affidato a una società troppo piccola e, soprattutto, troppo abituata a gestire clienti locali con poche pretese.

È stato un peccato, perché a mio avviso questa società avrebbe dovuto impegnarsi di più, evitando di atteggiarsi ad agenzia di grandi professionisti quando, di fatto, le cose non stavano esattamente così. Probabilmente, nel loro contesto, la cosa poteva funzionare, ma nel mio purtroppo decisamente no.

Ironia della sorte, il titolare, qualche mese dopo, fece un post sui social in cui indirettamente parlava anche di me, dicendo che io non avevo avuto pazienza e non avevo dato loro il giusto tempo.

Vero, perché di fronte a errori così madornali e ripetuti (e a fronte di un pagamento mensile che, invece, da parte mia arrivava in modo puntuale e, lo ricordo, di entità praticamente identica a quella che pagavo alla grande agenzia di Milano), non era possibile indugiare oltre. A mio avviso, 4 mesi sono più che sufficienti per iniziare a lavorare nel modo giusto, anche perché se un cliente mi pagasse migliaia di euro per 4 mesi, e io in questi 4 mesi compissi solo errori, senza portare risultati, verrei probabilmente fustigato nella pubblica piazza.

Infine, ancora più ironico, mi è capitato di leggere post di questa agenzia in cui parlano del potere del linguaggio, dell’importanza delle parole, della magia della comunicazione… cioè di tutte quelle cose che hanno (molto sommariamente) imparato da me nei 4 mesi di stillicidio collaborazione.

Fantastici.

Davvero fantastici.

 

Per concludere

Come ho già scritto nel primo articolo sulle agenzie di comunicazione, quella descritta è la mia personale esperienza in questo mondo e non vuole in alcun modo criticare l’intero settore.

Certo, dal canto mio penso che non mi rivolgerò più a chi offre servizi di questo tipo: per fortuna, sono una persona che apprende facilmente, dunque ho imparato tanto e ora mi muovo in autonomia.

Le agenzie avrebbero dovuto alleggerire il mio lavoro e regalarmi più tempo, e invece lo hanno appesantito e me ne hanno fatto perdere molto di più (ad esempio, ci metto molto meno a scrivermi un post come dico io, piuttosto che a leggere e correggere più volte quello scritto male, anzi malissimo, da altri).

Probabilmente per altri settori, o per gente meno esigente di me, questa tipologia di “professionisti” va più che bene.

Ma siccome a me piace che le cose siano fatte in modo eccellente, ne concludo che, nel mio viaggio in questo ambito, di eccellenza ne ho trovata ben poca.

 

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