L’importanza del contatto oculare

In molti dei miei post sui social ho parlato del fatto che la comunicazione non è soltanto quella verbale, ma esistono altri due elementi altrettanto importanti: il paraverbale e il non verbale. In questo articolo ti parlerò proprio di un elemento non verbale che ha un’importanza fondamentale nella comunicazione: lo sguardo, detto anche “contatto oculare”.

Anche se noi umani ci riteniamo esseri tanto evoluti, restiamo pur sempre animali. Nel regno animale, guardarsi negli occhi equivale a una forma di rispetto, come se stessimo dicendo: “Ti vedo e ti riconosco come mio simile”. Ed è per questa ragione che lo sguardo ha una grande importanza per costruire relazioni e in tutte le fasi della comunicazione. Si tratta infatti di un fattore antropologico.

Oltre a questa situazione però, ne esistono tante altre in cui saper utilizzare lo sguardo nel modo corretto consente di comunicare in maniera efficace. Eccone alcune di seguito.

Prima impressione

Non sai quante volte mi è capitato di avere a che fare con persone che, mentre mi stringevano la mano per presentarsi, guardavano ovunque tranne che nei miei occhi.

Questo è un errore da non sottovalutare, perché guardare il proprio interlocutore negli occhi mentre ci si presenta è uno dei fattori che contribuisce alla creazione di una prima impressione positiva. E quando ci si crea un’impressione negativa su qualcuno, modificarla non è per niente facile.

Normale interazione

Come ho scritto in altre occasioni, quando comunichiamo non dobbiamo fare attenzione soltanto a quello che stiamo dicendo, ma anche a come utilizziamo il nostro corpo.

In particolare, quando parliamo con qualcuno è giusto e normale guardarlo negli occhi, ma anche distogliere lo sguardo, ogni tanto, per alcune frazioni di secondo.

In altre parole, non è normale parlare con qualcuno e fissarlo costantemente negli occhi, altrimenti gli faremo percepire una di queste tre cose: menzogna (proprio perché è naturale distogliere lo sguardo ogni tanto e, non farlo, significa che stiamo controllando spasmodicamente la nostra comunicazione non verbale e ciò farà sicuramente scattare un allarme in chi sta interagendo con noi), seduzione (è un fattore antropologico: in amore il “predatore” ricorre al contatto oculare fisso per far comprendere le proprie intenzioni alla “preda”), minaccia (anche questo è un fattore antropologico: se veniamo osservati in modo fisso, soprattutto da persone che non conosciamo, ci sentiamo minacciati e il nostro cervello rilascia ormoni per farci stare in allerta e reagire all’eventuale pericolo).

Public Speaking

Questa situazione è strettamente collegata a quanto hai appena letto, relativamente alla percezione di minaccia.

Ti è mai capitato di parlare di fronte a una vasta platea? A meno che tu non sia abituato a farlo, la prima sensazione che provi non appena ti rendi conto di quello che dovrai fare è andare nel panico. Ma questo non avviene in modo casuale.

Il responsabile è un piccolo agglomerato di nuclei nervosi che risiede nel nostro cervello, che si chiama Amigdala. Essa ha la funzione di attribuire significato emotivo agli stimoli provenienti dal mondo esterno.

Dunque, nel momento in cui molte persone hanno lo sguardo fisso su di te, si attiva nel cervello un meccanismo antropologico che è quello di sentirsi minacciati e di pensare: “molti contro uno = sono morto”.

Da qui deriva l’ansia prestazionale che, per molte persone, precede il Public Speaking. Ansia che, in ogni caso, si può gestire in molti modi (ma questo è un altro tema).

Per concludere

Da questi esempi puoi comprendere che lo sguardo è un elemento così potente che, a seconda del modo in cui lo utilizziamo, ciò che stiamo dicendo può arrivare addirittura ad assumere un significato diverso.

Per questo motivo, un buon comunicatore deve conoscerne le caratteristiche e saperlo usare nel modo corretto.

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